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"Bora scura” è la prima mostra del ciclo “Energie primigenie” e presenta cinque artisti della nostra regione che, fra immagini ed evocazioni, ci portano alla scoperta del forte vento, vera e propria energia primitiva del territorio che, travalicando ogni confine, caratterizza anche la città di Trieste e i suoi abitanti. La bora, con la sua forza cinetica, sembra dunque rappresentare, nella visione degli artisti, il motore primordiale capace di dare impulso e movimento allo sviluppo della nostra città-porto, grande emporio di culture del Novecento. Il progetto, curato da Massimo Premuda, prende ispirazione da questo brusco evento atmosferico portatore di tempesta (bora scura) o foriero di bel tempo (bora chiara), e intende esplorare la bora come specchio dell’animo contraddittorio e inquieto delle popolazioni della nostra area, ma anche mettere in relazione visiva le ricerche di artisti contemporanei con i pezzi della collezione d’arte del Museo della Bora di Trieste. Accompagna l’esposizione infatti un video realizzato da Simone Modugno nel 2021 che analizza, attraverso una serie di interviste, il particolare rapporto fra la bora e gli artisti in mostra. Si parte con la “Cavalcata delle Valchirie”, un lavoro storico del grande fotografo isontino Maurizio Frullani (Ronchi dei Legionari, 1942-2015) che rappresenta una rilettura visiva delle leggendarie creature sul campo di battaglia, che invece di essere a dorso di cavalli sono immaginate su delle bizzarre biciclette. La foto costruita in studio sembra investita da un vento intenso e trasmette una forte impressione di movimento e velocità. Si prosegue con le indagini fotografiche di Mario Sillani Djerrahian e la sua ricerca sulla fine del paesaggio: una serie di enigmatici scatti che rappresentano metafisiche pietre del Carso triestino pronte a riorganizzarsi in diverse configurazioni fisiche e visive, come messe in moto dai movimenti dell’aria o dai transiti dei pianeti. Si passa così a un quadro ad olio di grandi dimensioni dell'artista visiva triestina Cecilia Donaggio Luzzatto - Fegiz che, con la sua “Bora scura”, ci immerge in una profonda atmosfera invernale, in cui gelide sferzate di bora alzano il pelo di un mare percosso da raffiche che lo tingono del caratteristico color cobalto, gradazione fredda e desaturata del blu. Si scorre poi il progetto video “Altri mari / Other seas” del fotografo triestino Massimo Gardone, un trittico in cui, sovrapponendo gli scatti in una visione verticale, l'oggettivo e il soggettivo si fondono e si perdono, e quello stesso mare diventa altri mari, o come recita l’aforisma del poeta inglese Alexander Pope che appare in apertura del lavoro: “Il mare unisce i paesi che separa”. Il progetto visivo si chiude infine con un singolare prestito dalla collezione d’arte del Museo della Bora, “Analisi Catabatica”, una serie di lightbox del fotografo triestino Roberto Pastrovicchio. Analisi Catabatica è l'invenzione di un metodo per rappresentare una raffica di bora attraverso l'effetto che essa crea. Fotografando e analizzando l'oggetto "ombrello" e facendo una correlazione con i dati meteo del giorno in cui è stata effettuata la campionatura, il fotografo ha iniziato così a creare un catalogo estetico delle raffiche.
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