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Donne a cui hanno strappato la voce, in bilico tra passato e futuro, tra crudeltà e speranza. Donne che, attraverso gli scatti di una macchina fotografica, hanno raccontato il loro presente, dentro al campo profughi di Diavata in Grecia. Con oltre 2000 visitatori in quindici giorni di apertura, si chiude a Palmanova la mostra “They took away our voice. So we will tell our story through pictures instead” (Si sono presi la nostra voce. Allora noi racconteremo la nostra storia con le immagini) che raccoglie oltre cinquanta scatti di donne che hanno frequentato la “Photography School” nata nel nord della Grecia nel novembre del 2020 all’interno di Casa Base, il “safe space” creato dall’Ong QRT (Quick Response Team) per la popolazione femminile del campo profughi di Diavata, a nord di Salonicco. A fare da tutor in questo progetto è il friulano Mattia Bidoli. “La mostra ha ricevuto sentiti complimenti dai tanti visitatori giunti a Palmanova, gran parte testimoniati nei messaggi raccolti nel libro firme. Immagini forti e significative che raccontano emozioni, paure, speranze delle donne che vivono il proprio presente in un campo profughi. Moltissimi i complimenti anche per la competenza e la passione degli studenti dell’Isis Bassa friulana che hanno fatto da ciceroni, un contributo che ha amplificato il messaggio”, commenta Silvia Savi, assessore comunale alla cultura. “Fin dal giorno dell’inaugurazione sono giunte al Comune e al Circolo Fotografico Palmarino, che ringrazio per il grande lavoro svolto, diverse richieste per ospitare l’esposizione, da scuole, comuni e istituti culturali, sia dall’Italia che dall’estero. Oltre dieci richieste che dimostrano la qualità e il diffuso apprezzamento per l’evento”. Dal prossimo 1 febbraio “They took away our voice” si sposterà a Merano al Museo delle donne. Successivamente sono già state formalizzare richieste da Monfalcone, Castelfranco Veneto e Udine. Altri contatti informali diretti sono attivi per portare la mostra a Innsbruck, Vienna, Gradisca D’Isonzo, Porcia, Povoletto e Villesse. Dal 2020 ad oggi sono più di 40 le ragazze e donne del campo di età compresa dai 10 ai 34 anni che hanno preso parte alla scuola di fotografia. Provengono da Afghanistan, Iran, Kurdistan, Iraq, Siria ed hanno alle spalle storie di oppressione, di paura, di dolore, ma anche di speranza e riscatto. Con le loro opere fotografiche queste donne hanno all’attivo diverse esposizioni in Europa e collaborazioni di prestigio anche con l’Agenzia Onu per i rifugiati (UNHCR), Medici Senza Frontiere, Art 4 Humanity e diverse realtà. I loro lavori sono apparsi su diversi quotidiani e magazine internazionali (CNN, il Venerdì di Repubblica) e le foto si sono aggiudicate diversi premi e i riconoscimenti tra cui il “Single Shot” Festival della fotografia etica; il World Peace Photo Award; il First prize photography “Champion of Equality; il secondo posto a “Roma Fotografia”.
Il Circolo Fotografico Palmarino: “Questo è un progetto nato più di un anno fa, l’8 novembre 2021, quando Mattia Bidoli ed alcune delle sue allieve fotografe sono state nostre ospiti in diretta web da Diavata, Grecia, e ci siamo subito resi conto che bisognava far conoscere a tutti quei volti, quelle voci e quelle storie. Portare quella loro fortissima preghiera per immagini in una “città fortezza” chiusa da alte mura, com’è chiuso da recinti e mura il campo profughi di Diavata, ci è sembrato fortemente simbolico: nessun muro di pietra è invalicabile, sono ben più difficili da abbattere i muri che gli uomini costruiscono nei confronti dell’altro. Auspichiamo che il messaggio positivo di questa mostra venga raccolto e possa aprire una breccia nel cuore degli uomini”. L’esposizione è ideata dal Circolo Fotografico Palmarino in collaborazione con le associazioni Quick Response Team e Naomi e con il sostegno del Comune di Palmanova.
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