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TRIESTE - Riforma sanitā. Zalukar: "Ipotesi velleitarie, confuse, contraddittorie".

Date Added: 09/01/2024
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Le dichiarazioni dell’assessore Riccardi, come riportate da “Il Piccolo” dell’8.1.2024, lasciano l’impressione che non vi sia stato da parte della Regione FVG un serio approfondimento sulla situazione, indubbiamente critica, della sanità regionale. Sembra di capire che si intenda concentrare l’attività in meno ospedali, in modo da ridurre il fabbisogno di personale (per inciso, il personale è sicuramente difficile da reperire ma nonostante questo la Regione FVG continua a mantenere i tetti di spesa). Però Riccardi afferma che “le strutture minori non vanno chiuse, ma bisogna specializzarle”, ed è difficile comprendere che cosa in pratica intenda fare. In cosa mai si potrebbe specializzare un piccolo ospedale? Viene in mente la fallimentare riforma Serracchiani, che aveva previsto, per alcune specialità (chirurgia, ortopedia) di mantenere l’urgenza in una sede e l’attività programmata in un’altra. Ma il paziente nel post-operatorio può andare incontro a complicazioni che richiedono un intervento d’urgenza, e quindi non sarebbe possibile ridurre il personale garantendo al contempo la sicurezza. A meno di mantenere l’attività programmata al minimo livello di complessità, in pratica un ambulatorio o poco più. E questo, per le maggiori specialità (es. chirurgia) significherebbe di fatto chiudere l’ospedale o trasformarlo in qualcos’altro, che però ospedale non è. E di questo a un certo punto sembra rendersi conto anche Riccardi che, in contraddizione con quanto affermato in precedenza sul fatto che non vi sarebbero chiusure, alla fine dichiara che “un ospedale ogni 100 mila abitanti non può reggere”. Riformare la sanità regionale in questo momento critico non è semplice, richiede in primo luogo una vision complessiva, ma anche un approfondimento specifico e una conoscenza delle situazioni e peculiarità di ogni territorio e dei suoi presidi ospedalieri. Non può esistere una ricetta applicabile a tutte le diverse realtà, e sembra velleitario, se non del tutto inutile, aspettarsi una soluzione “esterna” da un ente nazionale quale AGENAS. Una riforma sanitaria per sperar di avere un buon esito deve procedere con la collaborazione e il continuo confronto con gli amministratori locali, che non dovrebbero trovarsi nella condizione di approvare, solo perché in gran parte appartengono allo stesso schieramento politico, le decisioni della Giunta regionale. L’assessore, a supporto delle sue affermazioni, estrapola alcuni dati sulla chirurgia dei tumori, ricavati dall’ultimo rapporto AGENAS sulle reti oncologiche, e da questo trae conclusioni generali sul ruolo e sul funzionamento degli ospedali del FVG. Già questo potrebbe essere discutibile, perché la chirurgia oncologica, per quanto importantissima, non sembra possa descrivere l’attività dell’intero ospedale. Disturba però anche il fatto che i dati sono presentati in modo da fornire ai lettori pochissime reali informazioni (in pratica: non si capisce niente) e di indurli a sposare le tesi dell’assessore cioè che vi sono troppi ospedali che fanno le stesse cose. Per esempio: che senso ha fare la media degli interventi per cancro al colon fra gli ospedali di Udine, Trieste e Pordenone, e quelli che li eseguono solo in singoli casi, verosimilmente per episodi particolari (es. il Burlo, che nel 2022 ne ha contato uno solo). Il risultato è che il lettore è indotto a credere a una “dispersione” della casistica maggiore di quella che probabilmente è reale. Per inciso, e per informazione di chi legge, nelle conclusioni del rapporto l’AGENAS suggerisce di concentrare in due sedi la chirurgia dei tumori allo stomaco, e per il resto demanda alla Regione le decisioni. Alla fine, quello che è chiaro è che in un modo o nell’altro si prevedono chiusure. Colpiscono però i toni che emergono dall’articolo de Il Piccolo: sembra che l’Assessore già si immagini a combattere eroicamente contro i cittadini e i loro comitati (per il loro bene, ovviamente) e i politici che li sostengono, dimostrando così tutto il suo coraggio. Sono toni che ricordano molto la riforma sanitaria Serracchiani, e sappiamo come è finita. Ma in un discorso è importante anche quello che manca. Non una parola su quello che probabilmente è il problema principale: il personale, le condizioni di lavoro, il clima intimidatorio nelle aziende, le retribuzioni, che sono fra le più basse in Italia. Anzi, per il personale si sta evocando l’ipotesi di spostare la sede di lavoro anche in località distanti il che, se avverrà, causerà ulteriori abbandoni del servizio sanitario pubblico. Con il privato che già sta aspettando a braccia aperte.

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