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STA PER APRIRE IL CPR DI GRADISCA: DOMENICA PRESIDIO DI NO CPR

Aggiunto il: 22/11/2019
Visualizzazioni: 87

Nonostante il CPR di Gradisca d'Isonzo non sia stato aperto nella prima
decade di novembre, come annunciato nei media, l'apertura del lager
etnico nella nostra regione rimane imminente.

I CPR sono di fatto delle prigioni nelle quali le persone ‘trattenute’
(non detenute, perché l’internamento non è determinato da una sentenza
penale) non possono uscire. Spesso la loro unica colpa è non essere in
possesso di un documento valido: per chi non ha la cittadinanza
italiana, questo può avvenire dopo la scadenza di un permesso per lavoro
o per studio, o di un visto turistico, oppure se una richiesta di asilo
politico viene rigettata. Queste persone - se vengono individuate -
possono essere rinchiuse fino a 180 giorni nel CPR, nei quali possono
essere deportate nel Paese d'origine. Per la maggior parte ciò significa
dover intraprendere un'altra volta il viaggio in cui già si sono giocati
la vita la volta precedente, le persone che vengono deportate hanno
infatti già compiuto la decisione di scappare dal Paese d'origine e si
sono creati vita e affetti in Italia.

Il CPR è un dispositivo di controllo che instaura una gerarchia fra
cittadine/i e non cittadine/i basata su etnia, classe e passaporto. Si
tratta dell’ultimo anello di una catena che inizia con lo sfruttamento
economico dei cosiddetti “Paesi del Terzo Mondo”. Come conseguenza,
milioni di persone emigrano, ma sono quasi sempre impossibilitate a
ottenere i visti necessari per entrare nell’Unione Europea. Si vedono
perciò costrette a muoversi illegalmente, pagando e affrontando viaggi
pericolosissimi. I Paesi europei utilizzano la violenza – delegata ai
gruppi armati libici, a Erdoğan, alle polizie di Croazia, Serbia e
Ungheria – per trasformare questi viaggi in una sorta di selezione
massacrante, finalizzata a rendere coloro che riescono a superarla dei
soggetti socialmente ed economicamente ricattabili.

I CPR sono soprattutto uno strumento per poter garantire lo sfruttamento
in Italia di tutte quelle persone che hanno il permesso di soggiorno
vincolato al contratto di lavoro (dalla legge Bossi-Fini), Il caporalato
spietato presente nei subappalti di Fincantieri, spesso raccontato anche
sulle testate locali, ne è un esempio.

Le condizioni di vita nei CPR, lager e non-luoghi, sono disumane; ne
sono prova i numerosi scioperi della fame, episodi di autolesionismo
spinto e rivolte che vi si sviluppano.

Vogliamo vivere in un territorio dove nessuna persona venga rinchiusa o
respinta a causa della sua provenienza o condizione economica. Non
saremo mai complici silenziosi di un lager al lato di casa nostra. I
lager sono pilastri di un mondo ingiusto, pieno di odio e violentemente
repressivo.

Non lasceremo sole le persone che verranno internate.

Domenica 24 novembre ci troveremo alle 14:00 in presidio davanti al
CARA, dove voglio aprire il CPR. Sarà un pomeriggio per continuare quei
fili di relazioni intrapresi con le persone che vivono nell'antistante
CARA (ex-caserma Polonio), per parlare, farci raccontare le condizioni
in cui vivono e per condividere la nostra preoccupazione e rabbia per
l'apertura del futuro CPR.

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